ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
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Martedi, 1 Dicembre 2009 PDF Stampa E-mail

  Approfondimento su Melo Minnella a cura dell'Avv.Pippo Pappalardo

seminatori.jpgMELO MINNELLA , premio FotoArteSicilia 2009


  Originario di Mussomeli, provincia di Caltanissetta. È uno dei quattro fotografi siciliani più importanti e significativi . Con Enzo Sellerio, Ferdinando Scianna e Giuseppe Leone è stato uno di quelli che ha saputo filtrare attraverso l’obiettivo e consegnarci immagini di una Sicilia che –parola di Minnella – “dopo l’India offre i maggiori spunti per un fotografo”. Quattordici suoi scatti, insieme a quelli di altri maestri siciliani dell’obiettivo, sono ospitati in forma permanente al museo Guttuso di Villa Cattolica, a Bagheria.  Le sue prime fotografie sono apparse sul "Mondo" di Pannunzio, poi sulle più importanti riviste nazionali e internazionali quali Lite, Stem, Schweizer Illustrierte, Merian. Ha operato costantemente per documentare il patrimonio monumentale, folkloristico e umano della Sicilia, e questa sua "specializzazione" ha fatto confluire naturalmente le sue immagini in numerose pubblicazioni tra le quali: Sicilia negli occhi, Pasqua in Sicilia, Sicilia Ritrovata. Tra le più recenti: Pane e Festa, Síracusa medioevale e modema, Vaccarini architetto, Erice, Fra mare e terra, Dimore di Sicilia.
Scrive l'Avv.Pappalardo:
Minnella è fotografo di valore assoluto. La sua arte e la sua opera sono riconosciute ed apprezzate anche fuori dei confini nazionali laddove le rappresentazioni ed i ritratti che è riuscito a dare della Sicilia – la sciasciana Sicilia come metafora – sono stati accolti da riviste importantissime come Life o Stern.
Una valente tecnica ed un rigore stilistico assicurano alla sua opera una capacità di penetrazione che fa d’ogni sua immagine un piccolo concentrato d’equilibrata, quanto umana, penetrazione visiva.
 
 
                 
                 
                 
                 

Fedele e coerente ad una sua cifra artistica Minnella, negli anni, è intervenuto sia nella intercettazione di raffigurazioni di fatti, casi, persone, figure emblematiche della realtà siciliana, sia nella rappresentazione attenta, minuziosa, affettuosa del patrimonio di questa terra.

E quando parliamo di patrimonio non intendiamo riferirci solo alla bravura ed alla sensibilità nel “vedere” l’architettura della Sicilia, ancorché nascosta, trascurata o vilipesa. C’è un altro patrimonio che Minnella ha saputo restituirci e cioè quello fatto di passioni, d’umori, d’odori e di colori.

Lavorando accanto ad uomini di cultura come l’antropologo Buttitta ha saputo percepire e rivivere dal di dentro la passione religiosa del popolo siciliano restituendoci fotograficamente non solo il senso teatrale della festa ma anche la volontà dei siciliani d’essere presenti all’evento. Inoltre, l’attenzione anche alle piccole cose, come gli attrezzi di lavoro, come i dolci festivi, ne ha permesso lo svelamento e la riproposta quale esempio vivacissimo della genialità isolana, patrimonio questo ancora vivo e presente ai giorni nostri.

Questo impegno, supportato da una non indifferente preparazione culturale (che assai spesso manca a tanti fotografi dalle roboanti presenze ed invadenze) affiora sempre nel suo lavoro, accompagnato da un pizzico di mesta ironia (che in Minnella non è un ossimoro) che, paradossalmente, pone ogni creazione fotografica nel suo giusto posto spazio temporale rendendola contemporaneamente simbolo, rimando, richiamo d’altre realtà connesse con quel reperto-referto o con quell’incontro.

La sottolineatura di un preziosismo architettonico, il compiaciuto soffermarsi su un aspetto minore della festa, od ancor più l’istrionica capacità di far vivere fotograficamente momenti ed aspetti del costume isolano sono tutti sintomi di quella maturità fotografica che aggancia l’arte e la tecnica acquisita ai momenti alti del cosiddetto “surrealismo fotografico”. Intendiamo riferirci a Cartier Bresson ed a quella scuola francese di cui si sono invaghiti intere generazioni di fotografi siciliani. Intendiamo riferirci, anche, a certi confronti con gli “artisti” della fotografia italiana, più quelli della Gondola che quelli della Bussola. Qua e là, certe immagini spingono, infatti, al confronto con medesime operazioni realizzate da Roiter o da Berengo Gardin: agli studiosi stabilire la primogenitura di certe invenzioni. Ma qui, ed allora, è opportuno ricordare la lunga e apprezzata collaborazione del nostro fotografo con il “Mondo” di Pannunzio e di Flaiano, l’unica vera scuola di fotogiornalismo italiano del dopoguerra.

Un dato forte e costante nel lavoro di Minnella, e che lo avvicina profondamente a Sciascia, è l’interesse totale ed assoluto per la Sicilia e per le “cose di Sicilia” ancorché sanno incrociare Stravinsky o Josette Amiel. Interesse, stiamo attenti, e non adesione cieca ed assoluta. Perché di Minnella si apprezzerà sempre ed immediatamente lo sguardo critico ed attento, capace di riflettere e, poi, mostrare. E mostrare anche quando traspare l’ironia o la sorpresa per gli aspetti più eccentrici della realtà isolana.

Francesco Faeta parla di uno sguardo fotografico acuto, bonario, gentile. La presente mostra ci consegna altri aggettivi come arguto, onesto, rispettoso. E’ un caso, allora, che un polemista nato come Ferdinando Scianna ritrovi nell’opera dell’amico, come restituita, una visione più conciliante della comune terra natale?

Francesco Gallo, acutamente, aveva rilevato come la fotografia di Minnella permetta di guardare ad una “Sicilia senza tempo” velocemente, e finalmente, attraversata dal tempo. E’ vero: lo sguardo fotografico riprende il vecchio volto come l’antico edificio, le povere ombre come le aristocratiche tracce e restituisce nella frazione di un “tempo nuovo” una differente dignità a cose e persone.

Sciascia, in altri termini, parlava di “una forma di vita che cede e trapassa in un’alltra”.

Antonio Di Grado e lo stesso Scianna, mutuando da Prevert, parlano del fotografo come di “un corrispondente di pace” e lo stesso Diego Mormorio, nell’ottimo catalogo che accompagna la mostra, si sofferma sull’importanza di uno sguardo che sa essere distaccato e, quindi, invulnerabile poiché capace di una visione dove non occorre sangue e miseria, non occorrono forzature o travisamenti per parlare della difficoltà del vivere quotidiano.

Queste considerazioni saranno nate dall’accostamento delle presenti immagini con quelle di Robert Capa? Sicuramente sono espressioni di chi, amico o ammiratore del nostro artista, da sempre ne riporta il tratto cortese e gentile comune ai “siciliani d’antan”. Personalmente ritengo la proposta fotografica esposta a Racalmuto fra i più degni esempi di come si possano costruire sequenze e racconti muovendo dall’interno di un pretesto e, in virtù di quel pretesto, rivelare le nascoste drammaturgie dell’immagine.

Che poi, in Sicilia o per il mondo, l’uomo Minnella, il fotografo Minnella possa mantenere costante il tratto della gentilezza e della disponibilità per raccogliere l’immagine di un sorriso o l’eco di un pianto, beh, noi possiamo testimoniarlo, oltre che un dato di carattere è un talento fotografico in più.

                                                                                           Pippo Pappalardo
 
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