Aveva 90 anni; ed ormai temevo la
notizia della sua scomparsa; poi, ogni tanto trovavo da qualche parte
una ennesima sua pubblicazione ed allora mi appariva, nel ricordo,
immortale.
Conobbi Mario De Biase, grandissimo
esponente del fotogiornalismo italiano, al SICOF milanese di alcuni
anni addietro.
Lo interpellai chiamandolo per nome.
“Come fa a riconoscermi? Forse perché
appaio un vecchio decrepito? Si, sono effettivamente il fotografo De
Biase”. Mi resi conto che davanti a me stava un pezzo di storia.
Era assolutamente consapevole di essere
un monumento del fotogiornalismo italiano ed era assolutamente ed
altrettanto consapevole di potere stare alla pari con i più grandi
fotoreporter della storia mondiale Li aveva drammaticamente “come”
sfidati durante l’invasione dell’Ungheria del 1956 e le sue
immagini scavalcarono l’informazione, l’interpretazione e la
documentazione di quel momento e rivelarono che l’occhio del
fotoreporter italiano raccontava meglio e di più.
“I sogni svaniscono all’alba” fu
il controcanto di Montanelli a quelle immagini: ma la nostr
adolescenza fu segnata per sempre dal coraggio e dalla verità di
quelle fotografie.
Poi De Biase si ricordò che occorreva
raccontare le radici di questa sua capacità visiva ed allora
recuperò la “Donnina di Milano” che tutti ricordavano ma che
ormai era scomparsa dall’orizzonte dei milanesi; e cantò il mondo
di “Miracolo a Milano” e si confrontò con i racconti dei
fotografi francesi, da lui assai stimati, diffidando del gigantismo
dell’informazione di Life che pure professionalmente stimava assai.
Ciao, “vecchio De Biase”. Non ti
incontreremo più in Galleria dove ancora ti riconoscevano e ti
offrivano il Campari.
Ciao. Adesso riguarderò tutti i tuoi
libri, e mi preparerò a salutarti con gli amici, per ricordarti
ancora una volta in quell’ambiente fotoamatoriale nel quale tu,
famoso, umilmente ti presentasti chiedendo ospitalità per la
testimonianza dei tuoi occhi ancor quando sapevi che ormai si
appuntavano sulla nostra miseria ancora da venire.
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