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Addio a Mario De Biasi PDF Stampa E-mail

screenhunter_01_may._27_17.52.jpgdi Pippo Pappalardo

 

C'è tutto un mondo che ormai è cambiato in questa strepitosa istantanea.
Innanzi tutto un mondo ancora interessato a quanto gli accadeva intorno;
poi, una presenza; magari eccessivamente maschile ma che uccideva solo con gli sguardi e, chissà come, riusciva a stare al suo posto senza offendere.
C'era ancora la vecchia Milano "da bere" - magari proprio un rabarbaro Zucca da consumare in Galleria-, c'era "la Notte" un giornale ormai scomparso e c'era la Lambretta di un boom economico che vorremmo che ritornasse.

Mario aveva appena visto uscire dal parrucchiere la giovane Moira Orfei ed aveva capito che quel "mandolino" avrebbe richiamato molti aspiranti cantori e così realizzò l'istantanea degli anni cinquanta per antonomasia.

Io intanto nascevo tra questi sguardi complimentosi.
La notizia della tua morte ora ingigantisce il numero dei nostri anni.

 
 
 

Aveva 90 anni; ed ormai temevo la notizia della sua scomparsa; poi, ogni tanto trovavo da qualche parte una ennesima sua pubblicazione ed allora mi appariva, nel ricordo, immortale.

Conobbi Mario De Biase, grandissimo esponente del fotogiornalismo italiano, al SICOF milanese di alcuni anni addietro.

Lo interpellai chiamandolo per nome.

“Come fa a riconoscermi? Forse perché appaio un vecchio decrepito? Si, sono effettivamente il fotografo De Biase”. Mi resi conto che davanti a me stava un pezzo di storia.

Era assolutamente consapevole di essere un monumento del fotogiornalismo italiano ed era assolutamente ed altrettanto consapevole di potere stare alla pari con i più grandi fotoreporter della storia mondiale Li aveva drammaticamente “come” sfidati durante l’invasione dell’Ungheria del 1956 e le sue immagini scavalcarono l’informazione, l’interpretazione e la documentazione di quel momento e rivelarono che l’occhio del fotoreporter italiano raccontava meglio e di più.

“I sogni svaniscono all’alba” fu il controcanto di Montanelli a quelle immagini: ma la nostr adolescenza fu segnata per sempre dal coraggio e dalla verità di quelle fotografie.

Poi De Biase si ricordò che occorreva raccontare le radici di questa sua capacità visiva ed allora recuperò la “Donnina di Milano” che tutti ricordavano ma che ormai era scomparsa dall’orizzonte dei milanesi; e cantò il mondo di “Miracolo a Milano” e si confrontò con i racconti dei fotografi francesi, da lui assai stimati, diffidando del gigantismo dell’informazione di Life che pure professionalmente stimava assai.


Ciao, “vecchio De Biase”. Non ti incontreremo più in Galleria dove ancora ti riconoscevano e ti offrivano il Campari.

Ciao. Adesso riguarderò tutti i tuoi libri, e mi preparerò a salutarti con gli amici, per ricordarti ancora una volta in quell’ambiente fotoamatoriale nel quale tu, famoso, umilmente ti presentasti chiedendo ospitalità per la testimonianza dei tuoi occhi ancor quando sapevi che ormai si appuntavano sulla nostra miseria ancora da venire.


 
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