Incubi di un (foto)scrutinatore Via Pola, era diventata un seggio elettorale ….. |
di Pippo Pappalardo
“Avevo la netta sensazione di stare alla Presidenza di qualcosa. Qualcosa che somigliava alla solita Giuria fotografica. Eppure, avvertivo che non era proprio così. Sopra un tavolo, dentro una stanza che mi ricordava un’aula scolastica, davanti a me, ma anche dinanzi ad altre persone, uomini e donne, decisamente più giovani, stava un’urna sigillata. Tutti la guardavamo con rispetto e sussiego anche se, personalmente, non ne conoscevo il contenuto. Una signorina gentile e assai carina, intanto, cominciava a contarle e riscontrarle su un registro; un altro signore, con attenzione ma anche con un certo timore di sbagliare, ne controllava la regolarità di timbri e sottoscrizioni. Io stesso sollecitavo di proseguire lo scrutinio ma, in effetti, non sapevo assolutamente che cosa si dovesse scrutinare. Magicamente, però, ogni fotografia andava a finire dentro una scatola dopo essere stata puntigliosamente esaminata e controllata da tutti i presenti. Per capirci qualcosa scrutavo, allora, i contenuti dei mucchietti ed ascoltavo con attenzione le poche frasi che sentivo pronunciare: “Lista Chiarezza ed Incisività” tre voti, “Lista Contenuti Reali” bianca, “Lista Tutto A Fuoco” dieci voti, “Lista Bianco Nero”, nulla, “Lista Guardiamoci Negli Occhi” un voto, “Lista Oltre il reale”, illeggibile e, pertanto, nulla”. Cominciavo a capire. E per capire meglio, decidevo allora di penetrare il significato, il soggetto, la tecnica e la forma di ogni fotografia, la volontà e l’idea dell’autore. Ma, così facendo, provavo una sensazione strana ed angosciante: se guardavo tutte le immagini, nel loro insieme, non capivo nulla; se mi soffermavo soltanto su una di esse diventavo triste e cadevo nell’incertezza più buia. Qualcuno, non so il perché, cominciò a contestare la mia funzione. A mia volta, chiedevo con forza che si prendessero in considerazione le schede …. chiedo scusa … le fotografie “bianche” e che non si giudicassero “nulle” quelle elaborate in digitale; insistevo affinché ogni volontà di comunicare fosse raccolta. Qualcun altro, e sempre senza che io ne capissi il perché, disse che non ero capace di presiedere alcunché e potevo provocare solo danno. Una ragazza, anche questa assai graziosa, mi guardò con molta compassione e, poi, telefonò addirittura in Prefettura affinché qualcuno provvedesse a sostituirmi. Nel mentre, assai turbato, uscivo dal …. sogno e, rassicurato, cercavo nel cassetto del vecchio comodino di sempre un fazzoletto per asciugarmi il sudore che mi bagnava la incredibilmente la fronte. Nel fondo del cassetto del mio comodino, ritrovavo, intanto, le immagini della mia prima carta d’identità. Che strano sogno, mi dicevo. E poi: “Ma era già il giorno fatidico di febbraio p.v. o un giorno di Carnevale?”. (P.P.) |
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