ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
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World press cup 2012 PDF Stampa E-mail

screenhunter_02_feb._13_18.33.jpg La fotografia dell’Anno

di Pippo Pappalardo

Ormai l’aspettiamo ogni anno con trepidazione, la inondiamo poi con i commenti più disparati e , quando, insieme alle altre, finirà in un libro la riporremo, a futura memoria, nello scaffale della libreria.
Parliamo ovviamente dell’assegnazione ad Amsterdam del World Press Photo 2012 assegnato al trentenne spagnolo Samuel Aranda, fotografo da non più di un decennio che ha immortalato (scusate, ma mi ostino a usare questo termine) una donna (una Madre?) avvolta e nascosta da un velo che abbraccia e copre il cadavere (forse) di un uomo nudo e ferito. E’ stata raccolta il 15ottobre 2011, nello Yemen insanguinato a seguito delle proteste popolari, davanti una moschea dove coloro che protestavano andavano rifugiandosi per scampare al fuoco dei militari, e soccorrersi a vicenda.
Saranda è un fotografo per niente affermato, ben disposto, però, ad andare a caccia di immagini convincenti e che ha saputo guadagnarsi diecimila dollari un ottima macchina fotografica, tanti obbiettivi e molta pubblicità.
Accanto a lui, la grande macchina dei giudici che ha passato in rassegna un numero eccezionale di immagini, ha premiato, nelle singole sezioni, ben sette italiani di cui ci piace sottolineare i nomi: Paolo Pellegrin, Alex Majoli, Francesco ZIzola (i soliti nomi, qualcuno dirà), Pietro Paolini, Simona Ghizzoni, Emiliano Larizza (beh, questi non sono i soliti noti).
Sul giornale “La Stampa” di Torino Marco Belpoliti titolava “La fotografia dell’anno è una Pietà a colori”, ricollegandosi iconicamente col capolavoro michelangiolesco e con tanti celebrati esempi di pitture visiva (e, possiamo aggiungere, con le icone di tante processioni pasquali della nostra Addolorata).
Aggiungeva l’eccellente critico: “un’immagine ad alto contenuto estetico, prima ancora che giornalistico o comunicarivo”, ben giocata nell’insieme della composizione e nel particolare dei dettagli (quei guanti bianchi!). Quelle due figure, in effetti, le abbiamo viste già in tanti quadri; un istante rubato nel momento in cui si è realizzata la “posa” perfetta.
Concordiamo con quanto riportato dal Belpoliti, sia nel merito della fotografia, sia nell’atteggiamento critico suscitato.
Ci piace, però, aggiungere un altro tassello alla riflessione: ogni anno ci tocca premiare immagini che ci toccano e ci riguardano per fatti di guerra e di violenza più o meno intensamente toccanti. E se provassimo a premiare il più bell’abbraccio, la più belle stretta di mano, il bacio più appassionato?
Magari il fotografo risulterà indiscreto ma il suo fotografare non richiederà l’eroicità del nostro Saranda. Oppure i baci sono sempre falsi mentre le pallottole sono sempre vere.
Nei miei ricordi c’è un verso di Brecth che ancora suona: “maledetta la terra che ha bisogno di eroi”.

 
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