alb.o ha espresso, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, la seguente opinione:
QUOTE:
Per i luoghi meravigliosi sconosciuti, invece, dove mi piace andare per qualche giorno e nei quali non è detto che riuscirò a visitare ancora, le cose sono diverse. Difficile pensare a qualcosa da dire su qualcosa che non si conosce a fondo e che sai non avrai il tempo di approfondire in loco. Allora che fai? Le strade sono due. O ci torni e ritorni, finché quella realtà diventa tua, finché inizi ad avere un propria opinione e qualcosa da dire, o resti in superficie, colpisci e scappi e cerchi di chiudere solo alcune foto slegate. Al ritorno sei costretto quindi a fare altre considerazioni: guardi le singole foto, discuti sulle singole fote, provi semmai a raggrupparle insieme per temi, per assonanze, per colore, per data di scatta, per luogo, etc. Da qui la mia insoddisfazione, legata quindi alle foto, non all’esperienza viaggio, alla compagnia ed alla condivisione di quei momenti. Quelle singole foto, nascono senza un disegno originale e pertanto è solo la tua cultura fotografica a guidarti, il tuo istinto, il tuo cuore… il risultato è che le contaminazioni si fanno sentire e come, ed allora finisci per cadere nel tranello. Il tempo è poco, la curiosità tanta, la sorpresa enorme… insomma “l’acqua e poca e la papera non galleggia”! Credo che per me funzioni così, che poi è più o meno come dici tu!
Alberto io non credo che sia un tuo limite. Stai semplicemente descrivendo un genere quale la fotografia di viaggio, che non è che l'evoluzione del portarsi la reflex quando fai la vacanza con moglie e amici.
Per me potresti essere
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come McCurry. Bravissimo a fare le foto d'istinto e poi "raggrupparle insieme per temi, per assonanze, per colore, per data di scatta, per luogo (...) senza un disegno originale e pertanto è solo la tua cultura fotografica a guidarti, il tuo istinto, il tuo cuore". Ma stai semplicemente cercando di fare un pacco regalo bello ad una scatola piena di briciole di una torta trita e ritrita che hai consumato. Una torta che invece vuoi produrre tu stesso!
Guarda il NG oggi. Non ci trovi nemmeno più solo i McCurry. Ci trovi Robin Hammond che fa "reportage/viaggio d'inchiesta sui diritti civili umani", ci trovi Guttenfelder che fa viaggio/reportage in Korea del Nord, ci trovi persino l'ultimo vincitore del World Press Photo con una foto che - guarda un pò - è stata scelta perchè stanchi di consumare quel tipo di fotogiornalismo e produrne di un altro tipo (la foto fa parte di un assignment del National Geographic).
Se questa voglia di produrre e non consumare avviene nel mondo del professionismo, dove spesso gli sponsor hanno più voce dei photo editor (e il pubblico è il consumismo finale), figurati se non puoi prenderti tu il lusso di voler cercare qualcosa di nuovo e di tuo, visto che non hai nessun pubblico da sfamare, come invece i magazine (e relativi sponsor) devo pensare, cosi come non hai limiti di tempo nè tanto meno dover contare sulla fotografia per campare economicamente. Sta qui il vantaggio del fotoamatore rispetto al professionista. Questo non vuol dire il caos e fare come vene si cunta. Perchè la fotografia per alcuni non è un passatempo come il giocare a Scopone, per alcuni è un modo di voler raccontare. E quando raccontiamo, a parole, a nessuno piacerebbe balbettare od esprimersi in un modo in cui non riusciamo veramente a trasmettere cosa pensiamo. Lo stesso in fotografia.
Pensa alla fotografia di architettura. Non bisogna fotografare l'architettura. Bisogna servirsi dell'architettura per fotografare. Stessa cosa mi viene in mente con il paesaggio.
Prova magari a fare lo stesso viaggio, con le stesse risate, fotografie quotidiane, lo stesso spirito, in un posto decisamente meno esotico, magari dietro casa. Ma la meta è l'ultima cosa da scegliere. Prima viene tutto il resto.
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