Ciao Alberto
Quando dici che in Nepal ti sei ritrovato a fare un esercizio stilistico alla NG… io non ti credo. O meglio, forse lo credi sul serio, ma secondo me è una risposta posteriori che ti sei quasi imposto.
Io credo che semplicemente in Nepal hai fatto del tuo meglio, cercando una tua fotografia, un tuo stile… che forse - da quel che leggo sul tuo dire di aver solo consumato fotografia - non hai ritrovato. E magari il lavoro che è uscito fuori è la tua visione del Nepal, ma non la tua interpretazione e reinterpretazione del Nepal.
Una reinterpretazione che invece ho visto nelle tue visioni metropolitane.
Ora, cosi, d’istinto mi verrebbe di pensare che tu nelle metropoli ci hai vissuto un bel po’, le hai assimilate, senza nemmeno pensare alla fotografia. Ed hai interpretato un aspetto di esse e le hai reinterpretate attraverso uno stile.
In Nepal e in India cosa non è andato?
Io credo che la risposta tu la conosca già, l’hai persino detta in questo topic. Forse non c’era un progetto. Quella parola che ben distingue il fotografo occasionale da chi respira di fotografia. E bada bene che non ho detto tra fotoamatore e professionista.
Ma la parola progetto anch’essa è equivocabile e soprattutto deve basarsi su un qualcosa che forse ti è mancato a livello personale nelle brevi esperienze in quei due paesi. Altrimenti le tue idee di progetto, a cui si può pensare da casa, una volta arrivati li… crollano in un pozzo di cliché stilistici ed estetici.
Non bisogna rincorrere uno stile, è meglio che siano le idee a rincorrere noi.
Alec Soth è un affermato fotografo Magnum. Potrei affiancarti tre libri suoi e non riconoscere che siano fatti dallo stesso autore.
Alex Webb - per esempio - ha un suo stile, ha una sua reinterpretazione della strada… ma poi? Così ci lascia dopo quel bellissimo “oooh”.
Il Cake Design non per forza è un
![](https://www.acaf.it/new/components/com_fireboard/template/default/images/italian/emoticons/icon_sad.gif)
pasticcere. Resti estasiato dell’estetica della torta. Ma io ho fame.
Rivedere ogni volta certi libri mi sazia, altri invece mi fanno fare solo “oooh” la prima volta.
Steve McCurry è un fotografo che si sa, piace ormai più ai fotoamatori che ai professionisti. Anzi: più al fotografo occasionale che a quello che respira di fotografia. Perché in fondo non è che un maestro tecnico ed estetico della fotografia di viaggio. Ma basterebbe un rigo per scrivere le didascalie delle sue foto. Perché sono foto che si risolvono all’interno del frame.
Quando poi dici che tu sei stanco solo di divertirti e consumare… beh, ben venga!
Ha ragione Emanuele quando dici che rischi di restare imbrogliato nella matassa a furia di trovare la tua via. Ma non per questo devi dimenticare dell’Alberto teorico quando vai a scattare.
Perché altrimenti ti imbrogli ancora di più, perché una volta finito l’entusiasmo post-foto, torni ad essere l’Alberto razionale che sei critico con te stesso.
Allora, magari prova nuova strategia nei progetti. E non intendo luci, composizioni, stili, colori, e tutte quelle belle decorazioni da cake design.
Prova a pensare a nuove ricette con cui prepare il Pan di Spagna e la crema.
E a quelle ci devi pensare a casa, in treno, durante un tè, penna in mano, i progetti per me iniziano sulla carta, e vanno li sviluppati per tempo, insieme ai primi approcci fisici, senza nemmeno far foto.
C’è un po’ di Jordi in questo. Ma non lasciamoci cullare troppo da tesi romantiche alla Bazan.
Naturalmente è solo il mio punto di vista, il modo in cui nell’ultimo anno sto cominciando a vedere la fotografia. Ma credo sia importante che ognuno definisca la dimensione a cui si vuole adeguare e cimentare. Il tutto viene di conseguenza.
Senza dubbio la tua fotografia del Nepal è una fotografia che ad una dimensione va più che bene, ma secondo me la tua voglia di fare, il tuo carattere, come dimostrato dalle esperienze universitarie, sono tali che non ti basta. E giustamente sei critico con te stesso, sentendoti solo di aver consumato senza produrre.
Unico consiglio che mi sento di dare da chi si approccia solo adesso ad una formazione fotografica: meno paranoie si, ma non abbandonare quello in cui teoricamente credi. Non puoi prendere in giro te stesso se credi in qualcosa.
Tanto da te stesso non ci scappi. Rilassati, e col tempo lavora all’anello di giuntura tra la tua pratica e la tua teoria.
ps: meno workshop, più festival di fotografia (ti aspetto a Fotoleggendo a Giugno?)