Ma si, ho capito. E d'altronde conosco bene i tuoi "demoni". Se non altro per la lunga frequentazione di cui mi onori. Solo volevo dire, non a te che già lo sai, ma a quanti ci seguono, che i limiti e le poetiche sono e saranno sempre influenzate dal contesto socio-culturale in cui ci muoviamo e si spostano avanti e indietro come le onde del mare. Hai presente lo scienziato di "Oceano mare" di Baricco, che volendo compilare una enciclopedia dei limiti e confini, non riusciva a trovare il limite del mare?
E in ogni caso, bisogna percorrerli questi limiti, tentare di superarli? Si, se necessario. Per il momento mi è sufficiente intuirlirli, giusto per sapere dove sto andando.
Quello che mi preoccupa del tuo ragionamento, per il tuo bene e per la tua poetica, è che tendi ad essere troppo razionale, tendi a programmare, ad approfondire, a sviscerare... non vorrei restassi imbrigliato in questo tuo programmare come un pesce nella rete.
Ora devi scegliere la tua strada, un continuo approfondimento teorico ed una strada spianata verso un futuro da studioso, critico, storico... o lasciarti un po' andare all'intuizione, all'emozione, alla poesia, fregartene dei limiti e delle norme e continuare a essere, forse anche meglio, un ottimo fotografo. O anche tutti e due, ma con una schizofrenia programmata, se mi passi il termine. Razionale quando sei lo studioso, istintivo ed emotivo quando sei il fotografo. Anche se la zavorra dell'altro io te la continuerai a portare dietro, nel tuo inconscio.
Il mio opinabile pensiero, ma mi confortano in esso i tanti accostamenti della fotografia con la filosofia zen, è che quando fotografi la dinamica dell'azione è talmente veloce che i ragionamenti passano in secondo piano. Quello che agisce è da una parte il tuo bagaglio socio-culturale, dall'altra la tua intuizione emotiva che faranno istantaneamente a pugni finché una delle due non prevale. Tanto più rinforzi la prima, tanto più soccombe la seconda. Questo vuol dire che il vero artista (perdonami se uso questa parola) è ignorante? No, o almeno non necessariamente, perché il vero artista sa superare quanto ha imparato e guardare oltre, ma più forte e la rete culturale più facile è rimanere imprigionato. Più alti i muri del sapere più difficile guardare oltre. Occorre lasciare cultura e programmi un po' indietro per potersi guardare dentro fino a trovare la propria poetica che, per me, è prevalentemente istintuale.
Ma come, mi dirai, hai sempre praticato la cultura e la conoscenza e ora proprio tu le ripudi? Non è un reale rigetto è che man mano che vado avanti mi rendo conto che diventa sempre più facile giudicare e sempre più difficile creare. Questo perché finisco inevitabilmente col portare l'impronta degli autori che ho studiato e amato, perdendo sempre più la mia verginità espressiva. Ora, poiché sono cosciente di non essere un grande artista e contemporaneamente dell'impronta culturale che mi porto dietro, cerco di trarre l'utile da entrambe confezionandomi una poetica sulla base degli stili che amo di più. Ma sono allo stesso tempo cosciente che in questo modo è difficile essere originali e oltremodo superare i famosi limiti. Mi sforzo, se e quando posso, di trovare una visione diversa dalle altre che ho studiato, ma non è per niente facile considerando le infinite poetiche fino ad oggi esplorate dalla fotografia e dell'arte e l'impronta che queste hanno lasciato in me, allo stesso tempo cosciente che questo è un ulteriore limite che mi pongo. Insomma non se ne esce.
A rischio di apparire troppo crociano occorre dividere il sapere razionale dalla poetica intuitiva o si rischia di restare ingessati in un limbo senza uscita.
Anzi proprio parafrasando Croce ti dirò che "il fotografo, oggi, deve non già fare il puro fotografo, ma esercitare un qualche mestiere, e in primo luogo, il mestiere dell'uomo."
Perdonami il pensiero confuso ma ti scrivo dal telefono mentre viaggio e allo stesso tempo le idee sono in via di maturazione, grazie anche al vostro aiuto. Spero di continuare a contraddirmi ancora a lungo, è così stimolante...
Emanuele
"Il filosofo, oggi, deve non già fare il puro filosofo, ma esercitare un qualche mestiere, e in primo luogo, il mestiere dell'uomo."
Benedetto Croce