“Sia lode al dubbio”, mi scrisse tempo fa un saggio maestro.
In fondo non ho fatto altro che evidenziare quello che è sotto gli occhi di tutti.
Prima l’editoria, che avrebbe dovuto essere il veicolo di diffusione della cultura ed ha saputo diffondere solo pubblicità e tecnicismi. La perdita della cultura!
Prima era l’editoria, seconda la crisi dei professionisti che erano il nostro punto di riferimento e stanno scomparendo. Di recente ho potuto leggere in un’intervista:
Domanda: "Ma i fotografi, coi pagamenti a tre mesi e i due spiccioli che prendono, sono sempre a piangere miseria e ne conosco davvero pochi che potrebbero ragionare cosi." Risposta: "I fotografi mendicano… ed è sbagliato. Poi soffrono per aver fatto dei lavori che non li rappresentano. Sarebbe più onesto fare il fotografo come secondo lavoro. La sera faccio il pizzaiolo, però ogni tanto mi concedo il lusso di fare il fotografo. (...)" (Tratto da: “Lo stato della fotografia” - Intervista a Stefania Molteni, photoeditor di Riders.) La trovate per intero a questo indirizzo:
http://www.writeandrollsociety.com/stefania-molteni/
Prima l’editoria, seconda la crisi dei professionisti, terza l’introduzione degli automatismi che facendo perdere l’intervento del caso, della varianza dovuta all’errore, ma anche la ricerca di quel condimento con un’erbetta rara secondo la vecchia ricetta tramandata dal nonno, ha portato ad un appiattimento del linguaggio fotografico.
Prima l’editoria, seconda la crisi dei professionisti, terza l’introduzione degli automatismi, quarta la crisi dei fotoamatori che si sono resi conto dell’omologazione al cliché delle loro immagini, ma non delle cause e che, credendo d’inventare, vanno scimmiottando chi è venuto prima (ma non conoscono), usando in modo talora inappropriato, le varianze del fotografico... nei rari casi in cui le scoprono!
Prima l’editoria, seconda la crisi dei professionisti, terza l’introduzione degli automatismi, quarta la crisi dei fotoamatori, quinto il computer e Photoshop che ci ha permesso di fotografare il famoso albero senza uscire dalla stanza, senza averlo realmente davanti all’obiettivo. In quella stanza forse sta morendo la fotografia, l’umano confronto e la necessità di rapportarsi con l’altro guardandolo dritto negli occhi.
Ultima la superficialità, la mancanza di cultura, l’alzata di spalle, il tutto semplice, tutto superficiale. Chi era costui, cosa ha fatto o ha scritto o detto, non interessa più a nessuno. A nessuno andare a guardare il lavoro degli altri autori, grandi e piccoli. A nessuno la storia, la letteratura, la filosofia... a che servono? L’importante è fare presto tanto denaro. Solo quello importa. D’altronde ripeteva sempre un mio vecchio amico: “i soldi non danno la felicità? Figuriamoci la miseria…”.
Nel tuo breve intervento citi almeno due fonti bibliografiche e sei autori, forse questa è la via. E “chi vuol esser lieto sia…”
Grazie per l’intervento
Emanuele
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