Dov'è l'occhio del fotografo? Ma c'è un fotografo?
Prima di morire vorrei raccogliere alcuni “punti fermi” e, quindi, non eccessivamente opinabili: tra questi punti, spero che rimanga Cartier Bresson e il suo modo di rappresentare il mondo.
La risposta immaginata dal curatore del sito richiamato, rispecchia, a mio sommesso parere, semplicemente uno scorrettissimo e poco fondato modo di leggere l’immagine fotografica (trattasi di una risposta del e per il fotoamatore che si autodefinisce tale senza domandarsi da dove e come nasce la definizione).
Vi si danno, infatti, per scontati (e qualificanti) alcuni pregiudizi, alcuni luoghi comuni e soprattutto vi si trincia un sommario giudizio calcolando il numero degli errori da segnare in blu e, quindi, non dare assolutamente peso a quanto si ha sotto gli occhi in termini d’idea espressiva, messaggio e contenuti vari.
Andiamo con ordine: vi si dice che l’orizzonte del mare è storto. Embè? Non è di certo colpa del mare, o della spiaggia di Dieppe nell'anno 1926: la responsabilità è del fotografo il quale ha considerato necessario questo elemento e non ha buttato il fotogramma ritenendolo errato, anzi l’ha sempre proposto in questo modo.
Forse voleva dirci qualcosa? Possiamo dal “come” ha ripreso questa scena capire qual era il suo modo di esprimere in quel momento?
Andiamo con ancora più ordine: a me sembra che il fotografo sia stato colpito dalla massa nera sul fondo bianco costituita dai due corpi e dall’ombrello;
poi, da questa prima impressione, fa nascere la seconda idea rappresentatrice ovvero riprendere un uomo e una donna che liberamente prendono il sole (?) sdraiati sulla spiaggia;
ma questa seconda idea -che già sopraffà la prima- è scavalcata dall’occhio che “a la sauvette” si accorge dell’inadeguatezza dell’abbigliamento della coppia e di tutti gli abitanti della spiaggia (cappelli, scarpe pesanti eccetto, forse, la donna; poi, calze di cotone di lei; vestiti pesanti per entrambi, etc.); inadeguatezza dettata dalla giornata particolare di una stagione freddosa (?) eppure la bambina è attrezzata per una giornata di sole e qualche bagnante pure.
Leggiamo con più attenzione.
Il fotografo è, si fa per dire, alle spalle della coppia che non protegge la propria intimità. - se ne infischia la donna che mette in bella mostra le calze (proprio lei che ha disposto il giornale sotto il vestito per non gualcirlo)- e si preoccupa di affidare a un ombrello ben conficcato sui ciottoli (l’altezza del manico è modesta) l’ombra per mantenere al fresco il contenuto di una bottiglia.
La composizione obbedisce ad una diagonale che attraversando il fotogramma e congiungendo il secondo piano della folla con le gambe dell'uomo sdraiato
mantiene una inquieta forza dinamica all'interno di un contesto assolutamente placido (nessun volto, tutti di spalle, fermi, anche il mare).
Il fotografo è sorpreso e vuole raccontarcelo: non vuole palesare la sua presenza e vuole illustrare il momento in cui sulla spiaggia tutti si stanno facendo i cazzi loro; ma lui scatta e disturba. Il segno del disturbo è proprio quell’orizzonte storto che ormai ......... è diventato parte del racconto e non lo possiamo raddrizzare perché scomparirebbe il fotografo.
Su fotografie come queste HCB maturerà il concetto della "fotografia di nascosto, a sorpresa": stavolta la sorpresa sta nella rivelazione del nascondimento del fotografo.
Il resto del commento è poca cosa, mentre il vostro dibattito, invece, è molto importante. Ma vi rammento sempre che occorre stupirsi (Ghirri docet) davanti ad un’immagine. Provare a capire il nostro stupore è la prova che il mondo ci interessa raccontarlo, anche mettendoci da parte.
Buon proseguimento.
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