Espressioni dell’anima
Isidoro Murabito, fotografo professionista che opera là dove fu la mitica Jonia, è l’ospite che il nostro P.E. Cosimo Di Guardo ha convocato (Serata Rossa) in Via Pola, per offrirne l’opera e la caratura artistica all’esame dei soci.
Isidoro, simpaticamente si presenta e parla dei suoi trascorsi pittorici (ma mica tanto trascorsi) e della sua gavetta in camera oscura e pellicola.
Avvertiamo immediatamente che gli è cara la sequenza di immagini che, intanto, stanno facendo bella mostra di se alle pareti del nostro cenacolo.
Sono immagini di grande formato quadrato (“lo trovo adatto a incorniciare ed equilibrare ciò che ho voluto esprimere”);
sono immagini in bianco nero dove poco è concesso al bianco, poco è accordato all’intermedio grigio, molto invece è concesso al nero catramoso e gessato privilegiato anche in fase di stampa;
sono immagini che agganciano il genere del “ritratto”, un genere, nella fattispecie, risolto nell’essenzialità del volto, a sua volta risolto nella concentrazione dello sguardo del fotografo puntato sugli occhi (e, talvolta sulle mani) dei suoi soggetti;
sono immagini, infine, che materialmente raccolgono le fattezze, le sembianze, di persone che, genericamente, definiremmo “barboni”, forse mendicanti, “homeless” ma che, agli occhi del fotografo, non sono mai individui generici ma “persone” con le quali si comunica condividendo una sigaretta, un sorriso, una scatoletta di carne per il cane di turno.
Ci sono molte storie che sottostanno dietro ognuno di questi incontri: l’autore preferisce non citarle (non ci sono, infatti, elementi identificativi qualificati e facciamo fatica a distinguere anche il sesso di alcuni protagonisti); preferisce risolutamente puntare sulle “espressioni dell’anima” spesso sottolineate dalle rughe dell’età e da una certa trascuratezza corporea; in effetti l’azione del fotografo è costretta a scontrarsi col proprio strumento che da un lato gli restituisce un volto e, dall’altro, per il suo senso estetico, invece, cerca di individuare un’espressione.
Talvolta è una sigaretta, il suo fumo, la chioma disordinata, un braccialetto di conchiglie, un cappuccio che lo aiutano; talvolta è la sua stessa ricerca (doppia esposizione, ritocco photooshop) a bloccare quell’atmosfera, quel momento psichico che stava provando a emergere.
Ricordiamoci, però, che queste persone non sono in posa per i nostri obiettivi, e se hanno scelto questa vita, forse, avranno delle buone ragioni. E il nostro fotografo le ha rispettate.
Le domande fioccano, la tematica interessa, e il modo di proporla pure.
Isidoro è un fotografo galantuomo e con precisione e discrezione ci confida la sua avventura umana.
Ripetiamo: umana! Perché di questo si tratta: dietro quei volti ci sta il nostro.
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