Esordisce la “linea verde” della programmazione ACAF 2016/2017, ed è subito come uscire metaforicamente dalla nostra sede (a proposito avete notato le nuove poltroncine?), e condividere la visione dei soci; partecipare, quindi, alla loro avventura dello spirito e tornare a casa più ricchi, e, perché no, sognare.
Ed apriamo con l’esperienza del “viaggio”, vecchia quanto la storia di ogni uomo e di ogni donna, con i medesimi consustanziale e importantissima (e la nostra Licciardello è in materia una garanzia assoluta).
In questa rubrica, in data maggio 2014, potrete leggere due accurati e meditati contributi degli amici A. Castro ed E. Canino, a proposito di un viaggio fotografico in India, il primo, ed di un viaggio di Manuela e Salvo, in quel di Cuba (il secondo).
Non ho niente d’aggiungere a quanto espresso, in quelle due note dai nostri compagni di avventura e di poesia perché in quella circostanza i Nostri hanno saputo cogliere la differenza del modo di guardare alle fotografie di viaggio come fotografi o come viaggiatori. Chiaramente le modalità possono combinarsi, con varie contaminazioni e diversi, e possibili, percorsi critici. Ma l’avere colto questa duplicità di piani percettivi è cosa assai importante. Pertanto, torniamo sui nostri passi e non tralasciamo il lavoro fin qui svolto: a futura memoria (se la memoria ha un futuro).
Francesco, per intanto, ci ha portato le sue immagini di Barcellona, immagini viste, come lui dichiara, attraverso l’occhio stupito e meravigliato di chi va scoprendo la "stravaganza", di questa città ma, e lo sottolinea, anche, attraverso l’occhio di chi si sta innamorando.
Innamorando, passo dopo passo, della sua storia, della sua architettura, della ricchezza degli incontri e delle proposte che la città, con candore e simpatia, gli va offrendo.
Sono particolari, scorci, vedute che non intendono racchiudere tutto ma, muovendo dal particolare, cogliere una considerazione da lui posta quasi a commento dell’audiovisivo: la città è una creatura dell’uomo, dei suoi desideri come delle sue ambizioni, delle sue storie come dei suoi ricordi,
E come fare a non innamorarsi di una “città-donna”, insieme classica e moderna, libertaria e tradizionale, colorata e trasparente, profumata e rilucente, albeggiante e notturna?
Una donna che ti invita a pregare, a guardare, a giocare, a cantare, a ballare, a sognare.
E che vuoi di più? Fotografarla.
E il nostro Francesco si mette all’opera: sul ritmo di Mercury e di velocissimi arpeggi di flamenche chitarre, cammina per le strade, le piazze, i parchi di questa città; alza gli occhi al cielo e comincia a raccogliere le provocazioni scenografiche di questa metropoli. Privilegia le architetture, la vita quotidiana, il cibo; poi cerca un suo spazio, da condividere con chi sta con lui e lo trova perché i suoi figli aggiungono una marcia in più di fantasia ulteriore ai colori (troppi?) del giorno e della notte catalana. Intanto c’è chi vuol trattenere un profumo oltre che il colore..
Si apre il dibattito-commento: siamo viaggiatori o siamo fotografi? Come viaggiatori torniamo al rituale “ci sono stato”, “anch’io ho varcato la cripta della Sagrada”. Come fotografi ci confrontiamo con l’immagine, che è cosa diversa dalla realtà di cui vogliamo trovare le corrispondenze, le ridondanze. Ed allora? Qualche volto in più? Ma anche i catalani si guardano in un selfie Un po’ di Mediterraneo ancora? C’è, c’è, basta cercarlo. Una maggiore risoluzione? Ma ci siete stati al cinema recentemente?
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