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La serata del martedì appena trascorso - e siamo ormai alla fine dell'anno sociale -, è stata caratterizzata dall'incontro con gli iscritti al corso 2014-2015, con i quali e dei quali, durante gli appuntamenti annuali e durante gli incontri formativi, i cd. "tutors" hanno avuto modo di sperimentare ed apprezzare entusiasmo, freschezza, propositività e sensibilità culturale.
Abbiamo bisogno, noi decisamente più vecchi, di queste risorse poiché la fotografia non si è ancora ripresa dalle batoste del digitale e con difficoltà controlla l'esplosione dell'uso dello strumento troppo spesso declassato a fotocopiatrice, agendina di appunti, controlllo telematico o diario dell'effimero
Abbiamo bisogno di una convincente proposta che ci riporti ai luoghi di origine della nostra avventura e della nostra poesia ovvero al volto degli uomini e delle donne, agli spazi ed ai tempi della loro comune esistenza, al senso della loro memoria e della loro capacità di intercettare, percepire, il mistero che ci circonda.
Pertanto, sono rimasto profondamente commosso allorquando i corsisti, corrispondendo il senso del loro ringraziamento per l'esperienza vissuta, hanno parlato di un momento durante il quale non hanno acceso solo una luce in una camera scura ma appreso ad accendere anche qualcosa di altro.
E allora, aggiungo io, vuol dire che qualcosa, tra una nozione ed una battuta, è sicuramente passato.
Perché capire la profondità di campo è anche una esperienza esistenziale, come il mettere a fuoco un'immagine, come scegliere l'angolatura giusta e la prospettiva migliore, come privilegiare un momento del reale piuttosto che un altro; perché, alla fine, occorre riconoscere che fotografiamo per l'altro, per testimoniare, per narrare, per innamorare, per scoprire qualcosa di nuovo, e comunicarlo.
Se "tanto" è passato, allora, non sarà il formale attestato a riconoscervi come fotoamatori: un giorno, mentre state cercando di dare una forma fotografica a ciò che vi interessa, qualcuno, passandovi accanto, vi chiederà che cosa di tanto interessante trovate nel mondo davanti ai vostri occhi; in quel momento avvertirete la consapevolezza di essere divenuti dei fotografi perché state facendo qualcosa di diverso ovvero state riconoscendo il mondo diversamente, ne state prelevando un frammento, ne state esprimendo un diverso sentire, state dialogando con i luoghi e con le ore del vostro esistere.
Cosa rimane allora da fare?
Abbandonare la convenzione, l'abitudinarietà della visione, la pigrizia intellettuale: per eccesso di visibilità stiamo divenendo ciechi ma dobbiamo essere vigili e speranzosi poiché "non c'è niente di antico sotto il sole; tutto è nuovo per l'occhio che sa vedere".
E abbiamo bisogno che Voi, cari amici, diveniate AUTORI, perché grazie alla vostra passione già state diventando AUTOREVOLI.
E della vostra autorevolezza abbiamo necessità, poiché non vogliamo correre il pericolo di mettere la freschezza del vostro entusiasmo negli otri vecchi della nostra pur rispettabile storia.
Abbiamo molto da regalarvi e ancor più da ricevere. Possiamo solo diventare più ricchi.
Per ora vi ringrazio per la possibilità accordataci.
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