ACAF - Associazione Catanese Amatori Fotografia

 
  • Decrease font size
  • Default font size
  • Increase font size
ACAF Forum
Benvenuto/a, Ospite
Prego Accedi o Registrati.    Password dimenticata?
fotografando la morte (1 in linea) (1) Visitatore
Vai a fine pagina Rispondi al messaggio Preferiti: 0
Discussione: fotografando la morte
#9118
PipPap (Utente)
utente platinum
Messaggi: 1122
graphgraph
Utente non in linea Clicca qui per vedere il profilo di questo utente
Sesso: Maschio Ubicazione: catania Compleanno: 1952-11-11
fotografando la morte 9 Anni, 8 Mesi fa Karma: 9  
Giornale Radio
Oggi, 19 novembre.
Mi son svegliato e ….. e sto pensando a te.

Parafrasando Lucio Battisti, stamani sono entrato nel mio trentottesimo anno di vita matrimoniale e avrei voluto nei miei occhi lo sguardo di Giovanna Mezzogiorno - fiducioso, accogliente, non disperato - per guardare, ancora una volta, mia moglie con occhi nuovi, occhi nati per una nuova visione, per un’immagine sulla quale convenire.

L’eco della visione del film di Wim Wenders, “Palermo Shooting”, di ieri sera, era ancora evidente e, per tutta la notte, m’ero "portato" dappresso la critica ufficiale assolutamente maldisposta verso tale lavoro.
Discutere il passato di Wenders? Giammai.
Discutere sul linguaggio adoperato in questa circostanza o dei pretesti utilizzati strumentalmente per esprimere ed esporre le sue tesi esistenziali?
Si, certamente.
Riconosco che in altri lavori il nostro regista sia stato più efficace e più convincente (non venivo forse dalla visione del magistrale omaggio reso a Salgado con “Il sale della terra”?) eppure, rimango della convinzione che il film in questione sia una tappa importante per l’arricchimento della nostra vicenda fotografica personale e di gruppo.
Al di là delle tante riflessioni che il regista ci pone davanti, tutte valide e profonde, ce n’è una infatti che sembra formulata proprio per noi fotografi, e la riporto, papale, papale:
vogliamo, umilmente, rimanere fotografi oppure, divenuti onnipotenti (?) per presunti meriti tecnologici (non nostri), vogliamo fare i registi?

Come ai tempi di “Blow Up” di Michelangelo Antonioni, i circoli si confrontano con quella cinemafotografia che indaga l’oggetto della loro passione: invero questa è la quarta volta che mi capita di rivedere “Palermo Shooting” in compagnia di fotografi e mi accorgo che, indagando e meditando, i fotografi avvertono che tanta tecnologia intorno alla loro passione non solo sta modificando il loro pensiero relativo alla creazione di un’immagine ma, probabilmente, sta cambiando il loro modo di relazionarsi con la realtà (v. nel film, le battute iniziali: spostami questo cielo, correggimi quei dettagli).

Wenders adopera immagini forti: all’inizio del film, dentro i Cappuccini, il protagonista prova a portar via l’ombra delle madre (come noi, fotograficamente, proviamo a prelevare il reale); quella madre che ritroverà nel ritratto eseguito alla Morte (perché è la Morte che, dentro di lui, rivendica un dignitoso riconoscimento).
Ci soccorre Baudrillard, il filosofo citato nel saggio che il fotografo Santino Di Miceli ha dedicato al presente film, che avverte che “lo stesso destino di digitalizzazione minaccia l’universo mentale e tutta l’estensione del pensiero. Punto per punto ed in ogni situazione, vi è lo stesso scenario: con il software fatto di 1,2,3, scompare tutta l’articolazione del linguaggio e dunque del pensiero. Quest’ultima non è altro che il riassorbimento di ogni negatività nelle questione umane, la riduzione della formula più semplice, unitaria senza alcuna alternativa, quella numerica O/1 che diventa automaticamente pura differenza di potenziale in cui si vorrebbe riassumere digitalmente e non dialetticamente, tutti i conflitti”
E Letizia Battaglia, che nel film interpreta se stessa, incontrando il protagonista, confida che, invece, lo strumento le è servito per fotografare la vita, la morte, anzi, per ricordare i morti, certo anche per capire il Monte Pellegrino (e nel mentre si svolge il dialogo un arcobaleno, sommessamente e naturalmente, impreziosisce il cielo). Lei è nata col negativo, "quando ancora il fotografare appariva un gioco dei contrari, un duello tra il reale e l’immaginario e fissare l’immagine nel negativo riassumeva la volontà di comprendere la complessità di un mondo che si è perso non per colpa del digitale ma per l’invito alla manipolazione del reale".
E qui, e ancora, la metafora del grande affresco, con il pittore artefice nascosto ma padrone della scena e della storia.
Ma qui, anche, una donna capace - bella intuizione di Di Miceli - di ristrutturare la morte, di portarla verso un segno diverso: la nostra protagonista è una restauratrice capace di riconoscere in uno scheletro il possibile sesso, ma nell’ombra del soffitto domestico non distingue ancora l’assassino dall’angelo. Occorre, quindi, cercare qualcosa ancora ........

Certo a Cannes la gente fischiava nel vedere/sentire la Morte, paludata ed incazzata, seriamente conversare sul digitale e sui suoi effetti quasi fosse stata invitata al Photoshow; ed avrei francamente riso anch’io.
Ma a pensarci bene, solo noi, modesti, delusi, arrabbiati, presuntuosi circoli fotografici sappiamo ancora parlare con la giusta leggerezza della vita e della morte.

E allora, vi prego, sopportatemi per la mia modestia, per la mia delusione, per la mia rabbia, e per la mia presunzione quando rivendico, sbraitando e maltrattandovi, quest’orgoglio.

E se Wenders avesse girato solo per noi questo film? Beh, ancora tante grazie.
 
Riporta a un moderatore   Loggato Loggato  
 
Ultima Modifica: 2014/11/21 09:50 Da PipPap.
  Per scrivere in questo Forum è prima necessario registrarsi come utenti di questo sito.
Vai all'inizio pagina Rispondi al messaggio
Powered by FireBoardscarica gli ultimi messaggi sul tuo computer!

Social network

Segui l'ACAF

instagram.png fb-art.png twitter-logo.png
youtube-128.png