Eccoci di nuovo qui, a circa sei mesi di distanza da quel “EN KATÁNE SPATHAI” di Licio La Rocca, a riparlare di scherma. Questa volta è Santi Spampinato, questa volta ci troviamo ospiti del Lido dei Ciclopi, ma ancora una volta oggetto della nostra attenzione è uno sport. Uno sport di quelli meno conosciuti al pubblico, di quelli da intenditori. Uno sport talora lasciato alle retrovie della stampa sportiva, tranne che in occasione di eventi eccezionali, come è stato per la scherma, per l’Italia e per Catania l’evento dei mondiali di scherma tenutisi eccezionalmente in questa città lo scorso anno. La scherma è uno sport “difficile” dicevo, perché al di là della spettacolarità del gesto atletico e del richiamo alle nobili gesta cavalleresche, è caratterizzato da regole e comportamenti sconosciuti ai più.
Come sempre, in fotografia, occorre però comprendere e conoscere il soggetto fotografico. Così è anche per la scherma. Santi, anche per le sue precedenti esperienze sportive giovanili, conosceva la scherma, ma ha voluto e saputo approfondire gli aspetti tecnici legati alla sua rappresentazione fotografica attraverso un percorso che lo ha portato a seguire nel tempo gli eventi sportivi locali, via via fino a quelli nazionali e internazionali, facendosi conoscere ed apprezzare nell’ambiente e conquistandosi così la possibilità di sedere fra i fotografi accreditati all’evento.
Nelle sue foto ha voluto presentarci, al di là dello spettacolare gesto atletico, l’emozione, la speranza e i sentimenti degli atleti. Lo ha fatto scegliendo dei ritratti in momenti particolari di esaltazione dell’evento e inserendoli in quella giostra di tornei che sono gli incontri di scherma. Ne è uscito un lavoro delicato e narrativo che vuole cercare oltre la semplice facciata. Che vuole andare oltre la mera rappresentazione trionfale di un unico vincitore.
Io lo confesso non sono un appassionato di sport, né tantomeno un conoscitore di scherma. Inoltre mi manca proprio il senso dell’agonismo più spietato e, a differenza dei più, solo in parte riesco a immedesimarmi col vincitore. Anzi sicuramente potendo mi schiero dalla parte dei perdenti, quel nutrito, estesissimo gruppo, che pur avendo dedicato moltissimo, a volte anche più del vincitore, del loro tempo e delle loro energie alla ricerca di un risultato, rimangono condannati per sempre all’oblio. Chi fra qualche anno ricorderà non il sesto, il quarto, ma perfino il secondo ed il terzo classificato, a fronte di un unico osannato vincitore? Eppure essere il quarto più forte o più veloce del mondo non è un risultato da poco, ma così va nello sport. E allora come non immedesimarsi nella disperazione dell’atleta per quel tanto faticato quarto posto, come non compenetrarsi nella sua delusione.
Ma io, l’ho detto, non sono un patito, né un esperto di sport e non voglio tediarvi con i miei sentimentalismi. Così non mi rimane che complimentarmi, questo si lo posso capire, per il gesto “fotografico” dell’autore e per la sua capacità tecnica, oltre che per la sua sensibilità e per il buon progetto realizzato e culminante nella prossima pubblicazione di un libro fotografico sull’argomento.
Ultimo ma non meno importante non posso mancare di registrare oltre la solite nutrita presenza di appassionati di fotografia, anche la gradita presenza, quale ospite della serata del presidente della Federazione Italiana Scherma Sebastiano Manzoni e di alcuni atleti di scherma della nostra città.
Arrivederci alla prossima e buona luce a tutti
Emanuele
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