San Marco d’Alunzio;
nella fotografia di Nino Magrì, Floriana Zecchiaroli, Mary D’urso, Andrea Siracusano.
Il bel sobborgo (ma, amministrativamente parlando, per quanto piccolo, è pur sempre un Comune) del messinese che svetta quale ultima propaggine dei Nebrodi davanti alle isole Eolie, il giorno 2 giugno dell’anno passato, è stato oggetto di attenzione fotografica del novello p
er acaffino, spintosi sin lì attratto dagli aromi della squisita salsiccia e dalle manifestazioni che arricchiscono le offerte turistiche del territorio.
I nostri amici, poi, hanno lasciato a lungo sedimentare le immagini raccolte nella circostanza; quindi sono tornati sulle medesime con attenzione ormai depurata da ogni vanitosa compiacenza, ed hanno pensato di metterle a disposizione degli amici.
Ecco, questo è l’atteggiamento giusto: fotografare per capire e per condividere quel che abbiamo sperimentato.
Tale atteggiamento, invero, i nostri amici l’avevano nel loro DNA. E da tempo.
L’Acaf (leggi Francesco Barbera e C.) sono stati soltanto il catalizzatore che ha fatto si che questi fotogrammi innestassero una reazione positiva spingendoli al confronto e allo scambio di esperienza.
L’altra sera, grazie alla loro offerta, abbiamo appreso come si possa crescere e maturare fotograficamente (che significa evolversi nella capacità di vedere e riflettere) anche con piccole cose, ovvero una gita tra amici, ancor quando non organizzata strategicamente per un’impresa fotografica, un territorio disponibile e occhi attenti e predisposti all’incontro.
Ci raccontano che la giornata è stata disturbata dalla nebbia, che le strade erano strette, che i “segni della contemporaneità” erano ossessivamente presenti.
E noi, di rimando, a rallegrarci di queste constatazioni, di queste scoperte, perché in altra circostanza non le avremmo annotate e comprese.
Ma andiamo alla sostanza fotografica: una severissima selezione di fotogrammi (onore all’onestà e all’umiltà di chi l’ha compiuta) ha ristretto il risultato della gita fotografica alla Festa medievale e alle manifestazioni collegate, conferendo coerenza e uniformità al racconto e costringendo lo spettatore-lettore ad apprezzare i molti ritratti (alcuni decisamente belli) e i tanti particolari di cui è fatta una festa di sobborgo (particolari che, alcune volte, avremmo preferito sottratti alla scena d’insieme e ribaditi con una più articolata impaginazione della sequenza – con Photoshop è possibile estrapolare il particolare prezioso e ribadirlo dopo il passaggio dell’immagine che lo contiene, moltiplicando così il numero dei fotogrammi con cui lavorare e montare -).
Gli aggettivi che abbiamo adoperato nel giudizio- confronto di ieri sera oscillavano tra “dignitoso” e “ingenuo” laddove nel primo deve leggersi un’apprezzata quanto severa autocritica su quello che è stato presentato (niente errori, niente sbavature, o note stonate) e nel secondo la “naiveté” del primo esperimento, il piacere della “prima volta” della costruzione di una sequenza, di un montaggio, di una regia, tante volte intraviste nelle imprese degli amici e. ora, rivelatesi possibili, a portata di mano, vicine al piacere di offrirle in condivisione.
Una condivisione che già non rivendica il nome dell’autore o della singola appartenenza ma che si fa contributo per una reciproca crescita e arricchimento.
Noi, personalmente, siamo stati stimolati a visitare San Marco d’Alunzio e chissà che la sequenza dei nostri amici non possa costituire l’ossatura portante, intorno alla quale costruire, con ulteriori innesti, un racconto su questo delizioso angolo di Sicilia.
Ricordo a tutti che dopo l’indagine intorno alla nostra esistenza, quella del territorio, (dove questa esistenza si svolge), è il primo, e più importante campo di esercitazione e di conoscenza fotografica. (Pippo Pappalardo - facente funzioni, arbitrariamente approfittando della Sede vacante di Caristofane)