Come in un tentativo di trattenere il ricordo dell’estate o, se volete, delle vacanze, l’argomento tematico scelto per il nuovo CONTEST Acaf è la “T-Shirt”.
Sì, proprio lei, la maglietta, quella ormai divenuta unisex, quella che puoi comprare sotto casa oppure, griffata, dai grandi stilisti, quella che metti sopra la tua pelle senza ricorrere a scollature profonde; quella che ti permette di sfoderare i muscoli o le tartarughe palestrate; quella che quando la indossi sai di libertà, quella libertà che puoi scrivere sul tessuto in forma ironica, sfottente, irriverente, contestataria, celebrativa, rimembrante, assertiva.
L’abbigliamento che ti fa adolescente o, se donna, maggiorata; quella che saprà naturalmente dei tuoi sudori, che andrà cambiata prima che arrivi la sera e il ballo; quella che presti all’amico per farlo sembrare diverso; quella che regali all’amica perché quel giorno almeno, in ufficio, sia veramente diversa; quella che non sai se infilare dentro i pantaloni o lasciare svolazzare sotto o sopra il tuo ombelico.
La t-shirt racconta più storie di noi stessi: è souvenir, manifesto, messaggio, insulto, brano letterario, citazione opportunità
Te la trovi pulita e fresca di bucato nel cassetto ordinato, strapazzata e cercata invano nel fondo del tiretto.
La incontri appesa davanti al balcone, accostata ai segni dei tuoi giorni e delle tue fatiche come pure a quelli delle tue ambizioni e dei tuoi desideri.
Puoi modificarla, bucarla, dipingerla, cucirla e tagliarla: lei ti chiederà solo di essere indossata e tu, allora, creerai, per lei, una nuova personalità.
Quando la ridurrai uno straccio (e capiterà) ricordati dei piaceri che ti ha regalato.
Sono stato un marinaio e la T-shirt faceva parte dell’uniforme ma le ragazze che ci guardavano avevano occhi solo per lei (e dire che era coperta dalla giubba di ordinanza).
Sono legato alle immagini di tanti attori e di tante attrici (una per tutte: Marlon Brando in “Un tram che si chiama desiderio”) esaltati dalle T-shirt eppure la mia fantasia si accende ancora (e non so spiegarmene il motivo) davanti al ritratto pubblicitario realizzato per il film “Love Story”:
Addossati a un tronco d’albero i volti di Ryan O’Neil e di Ali McGraw emergono dal fotogramma; solo lei guarda vero lo "scrutator" accennando il sospiro di un sorriso: indossa una T-shirt bianca quasi complementare, nella sua ombra e nella sua luce, all’ambiguità del suo bellissimo volto; ambiguo perché sa di star morendo.
Nel mio studio, intanto, l’uso delle T–Shirt da parte della signora delle pulizie mi riporta alla realtà. Mi sciorina tutte le vecchie magliette che ha portato da casa per spolverare: c’’è quella di suo marito meccanico, c’è quella di sua figlia pallavolista, c’è quella con Superman di suo figlio bambino e c’è la sua, innamorata (I
!!) di Richard Gere.
Mi raccontano tante storie le sue magliette, e mi raccontano la sua storia.
Poi, mi chiede se anch’io ho avuto una mia maglietta: non rispondo, so di averle conservate tutte ma non ricordo dove; aiutatemi, è passato tanto di quel tempo.