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Re:Sseminario con Mario Cresci:la testimonianza ACAF (1 in linea) (1) Visitatore
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Discussione: Re:Sseminario con Mario Cresci:la testimonianza ACAF
#8696
PipPap (Utente)
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Re:Sseminario con Mario Cresci:la testimonianza ACAF 10 Anni, 3 Mesi fa Karma: 9  
L’emozione e la regola.

Avevamo proposto al prof. Mario Cresci tre parole, meglio, tre esperienze - diletto, passione, onestà - per muovere con esse verso la ricerca di un senso maggiore e nuovo per la fotografia.
Il maestro Mario Cresci, bontà sua, ce ne ha regalate altre due: regole ed emozione.
Cosicchè abbiamo ora, come direbbero gli spagnoli, una “manita” di proposte sulle quali riflettere insieme e con le quali costruire gli appuntamenti di domani.
Ovviamente, queste indicazioni di rotta le dobbiamo, a mio avviso, vivere alla luce dell’esperienza appresa in questi giorni (tenendo presente che l’operato del Maestro è stato, ed è, per volontà e scelta, polifemico e polisemico, avendo già trovato, sia ieri che oggi - anche per il linguaggio di volta in volta da lui adottato e per i risultati a cui è pervenuto -, una contaminazione, una complicità, un’eco, un approdo sulla riva di altre esperienze e di altre ricerche, con le quali scambiare la bontà delle verifiche realizzate e la necessità di quanto intuito e scoperto).
Ma andiamo con ordine: di quali “regole” ci ha parlato il nostro Mario?
Seguendo la sua metodologia vado alla radice dell’etimo “regola” che mi rimanda al “guidare diritto”, all’andare verso una direzione deliberata, chiara, cercata e voluta al di là dell’apparenza.
E indubbiamente, domanda dopo domanda, risposta dopo risposta, intorno alle tante immagini presentate, le più varie, e prescindendo dalla loro bontà ed efficacia, abbiamo costatato il manifestarsi di un’attenzione sempre rispettosissima, attenta, disposta a farsi sorprendere dalle fotografie, anche a farsi illudere.
Questa considerazione potrebbe già consustanziarsi in una regola didattica; ma è stato evidente a tutti che dalla didattica dovevamo scendere operativamente nell’atteggiamento concreto del chiarimento ovvero la formulazione di una “idea visiva” basata sul confronto, sulla necessità, importanza e quant’altro.
Un tempo quest’atteggiamento si definiva “filosofia del progetto”, mutuando dalla scienza e dalla tecnologia l’imprescindibile necessità di dotarsi di una metodologia in grado di apprezzare, in preambolo, l’importanza etica, estetica, scientifica, economica, civile, politica ed esistenziale del risultato che s’intendeva raggiungere.
Il nostro amico, però, non ci ha propriamente spinto in tal senso piuttosto ci è sembrato interessato a non farci perdere quello incipit e quel quid che muove il nostro interesse verso gli aspetti, i più vari e soggettivi, dell’esistenza.
Per essere più concreti: possiamo progammare, progettare, schematizzare la fotografia del nostro viaggiare (il viaggiare è solo un esempio), riconducendolo a ciò che ci aspettiamo dall’esperienza viaggio, e, quindi, la documentazione, la rappresentazione di una nuova conoscenza, di una misurazione dello spazio e del tempo che attraversiamo; possiamo fare altrettanto, muovendo da un verso, da un’esperienza letteraria, da un semplice suono come da una costruzione di suoni, dalla volontà di incontrare qualcuno o qualcosa o inseguire un fantasma o una fantasia.
La regola di questo fare e del nostro conseguenziale bisogno di vedere non starà nel principio, o nel corollario che ne deriva: la regola starà nella domanda e nell’attesa di una risposta, nel perché e nell’interesse, starà nell’incontro, nel dia-logo stabilito tramite lo strumento, starà nel risultato concludente e utile.
E se pensiamo che il mondo attorno a noi ha una sua materialità, strepitosamente bella da indagare e che su questa materialità gli uomini, nel tempo, continuano a costruire nuova conoscenza, nuova consapevolezza, con il ritrovamento della radice dei propri sentimenti, e le ulteriori, infinite, immagini di senso insieme alle teorie (un termine che pur sempre deriva del greco orao ovvero vedere) per spiegare i loro giorni di vita su questo pianeta, beh, tutto questo ci fa capire che la regola è lontano dalla formula e invoca l’adozione di una bussola differente, che possiamo liberamente costruirci da soli ma, se cercata insieme, e convenirne sull’uso più opportuno, forse è meglio, e più coraggioso e affascinante.

Tutto questo potrebbe sembrare un ragionamento a tavolino, statico, privo di un dinamismo capace di tenere da conto del flusso dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti.
Ecco, allora, l’emozione venire in soccorso alla nostra volontà di rappresentare la realtà che ci circonda.
Eventi, accadimenti provocano, stimolano le emozioni pù disparate: rabbia, paura, invidia, delusione, affascianzione, piacere etc…
Non trascuriamole. Sono, talvolta, segnali, reazioni che la nostra natura ci trasmette per capire la relazione tra il dentro di noi e il fuori di noi.
Trasportiamo, pertanto, queste considerazioni nell’operare fotografico: cosa facciamo quando ci rivolgiamo a ritrarre il volto che ci interessa? guardiamo noi stessi? ci confrontiamo? ci rendiamo conto del tempo che fugge? ci innamoriamo? ci muoviamo a pietà? perchè non scappiamo? perché proviamo a capire?
C’è, invero, nel fotografare un’emozione che non ha niente a che fare col virtuosismo fotografico, o con la qualità dello strumento, ma che intercetta quel momento meraviglioso in cui superiamo l’esperienza retinica e riconosciamo una diversa essenza dell’altro e del mondo comune che ci circonda.
Quest’emozione accompagna sempre il nostro gesto fotografico, ma anche l’apprezzamento di quello altrui; lega la lettura delle immagini passate con il presente che ancora non vediamo perfettamente a fuoco.
L’’emozione visiva nasce, quindi, nel cervello come nel cuore, per un riconoscimento, e l’arte (che gli antichi greci chiamavano tecnè) è solo al servizio di questa sensazione umana.
Scendendo nel concreto delle nostre esperienze: tante volte abbiamo sentito i nostri risultati freddi e senza spessore ancorquando ineccepibili sotto il profilo formale; si può ricorrere allo zucchero e rendere i nostri risultati accattivanti; possiamo farci ingannare dalle nostre ambizioni e non voler riconoscere la reale qualità delle nostre fotografie; eppure basterebbe scambiarle come fossero emozioni per capire che tutto è più facile.

P.S.: “Capire tu non puoi, tu chiamale, se vuoi, emozioni” (Mogol - Battisti)
 
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Ultima Modifica: 2014/04/08 17:14 Da PipPap.
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Sseminario con Mario Cresci:la testimonianza ACAF
PipPap 2014/04/05 10:40
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PipPap 2014/04/08 11:06
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Caristofane 2014/04/08 17:30
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Caristofane 2014/04/08 17:46
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Caristofane 2014/04/08 17:52
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PipPap 2014/04/11 18:16
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PipPap 2014/04/14 10:02
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salvo canuti 2014/04/11 19:38
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mary 2014/04/11 19:57
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mary 2014/04/11 20:03
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romina 2014/04/12 00:43
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