Sergio Larrain: fotografia come poesia
Rimbalza dai siti dei circoli fotografici , piuttosto che dalla cronaca giornalistica, la notizia della scomparsa di Sergio Larrain, grandissimo fotografo cileno della mitica Magnum, ivi chiamato personalmente da H.Cartier-Bresson.
E’ quasi commovente che la notizia venga diffusa dai circoli dei fotografi piuttosto che dai media preposti (a me è stata comunicata dagli amici del “Mignon” padovano, gli allievi di Rosemblun e di Umicini che da sempre, per vocazione e per poetica, perseguono una street photography tanta intrisa d’umanità quanto attenta alla contemporaneità di ogni vissuto esistenziale e poetico).
Con Larrain scompare un “maestro” discreto e profondo, fiducioso nello scatto che sa rivelare, nell’occhio che vuol e può capire, se è educato a guardare.
In una sua celeberrima fotografia due bambine, sulla strada, si incontrano con l’ombra ed il sole , uscendone ed entrandone, semplificando in un’immagine metaforica l’altalena della nostra esistenza e del nostro domani.
Amava ripetere che “la fotografia è come la poesia, si deve fare una scelta, niente di più”.
Magnifico il suo racconto sulla città di Londra tra conservazione e modernismo e assai lirico e nostalgico il reportage sulla Valparaiso cilena.
Da tempo non fotografava più perché il suo atteggiamento fotografico includeva la partecipazione, il cammino, l’attesa che la salute ormai non gli consentivano.
Non disperdiamone la memoria.