Posso provare ad individuare quali sono stati i miei passi verso il "mosso", magari puà essere di aiuto per la discussione. Colgo quindi l’opportunità da te offerta, provando ad indicare quelli che sono per me i "patrones" da cui scaturisce la mia passione sul "mosso" (che ci tengo però a precisare è solo un modo di esprimersi e che non può per altro essere l’unico per un fotografo, pena la monotonia e la probabile noia). Caro Emanuele ci chiedi implicitamente di raccontare da dove viene il “mosso” ciascuno per le proprie esperienze e sembra una domanda facile, ma in realtà non lo è… Dai tempi in cui ero uno zelante studente, tuttavia ho preso la buona abitudine di avere sempre con me, durante tutti i miei passaggi importanti, un blocco d’appunti (uno “sketch bo
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”) ed allora avendo ancora vividi alcuni dei passaggi più significativi che hanno generato il mio interesse verso il "mosso" ho ripercorso un quindicennio abbondante di vita per recuperare qualche reperto spero utile alla nostra missione.
Il mosso ha per me radici antiche.
Ritengo che tutto abbia avuto inizio in Inghilterra nel 1996.
C'era una volta... Scherzo, non abbiate paura, non la farò troppo lunga.
Frequentavo all'epoca la facoltà di Architettura della Leeds Metropolitan University, in particolare il primo modulo dei sei in programma nel corso di quell’anno che, grazie all’invenzione del secolo che per me si chiama “Erasmus”, ho avuto la fortuna di seguire. Uno dei miei fantastici professori (che mi hanno davvero donato molto) poco prima dell’esame e dopo aver visto l'ingenuità con cui l'inesperto studente di una facoltà di ingegneria Edile italiana provava a presentare una planimetria di progetto, tentò di indirizzarmi verso un modo alternativo di presentare la stessa realtà. Già dopo il suo primo tentativo pensavo di aver capito… mi rimisi a lavoro e presentai praticamente la medesima planimetria precedente (rifacendola per intero 2 giorni di lavoro ininterrotto) arricchendola di dettagli e retini di varia natura. La ripresentai e Nick Temple (il prof) con un sorriso mal celato sotto la sua barba rossa, mi prese sotto braccio mi portò al pub, offrendomi un paio di birre ed insegnandomi un modo alternativo per rappresentare la stessa idea. Capii allora cosa vuol dire lasciare spazio all’immaginazione, rappresentare non solo ciò che si può realizzare o il reale, ma anche ciò che deve essere lasciato al pensiero, l'immaginario. Capii come poter rappresentare un concetto. Il confronto tra quelle due planimetrie rappresenta un importante pagina del mio “progetto” formativo, che ha certamente influenzato la mia idea sul "mosso". Quello fu anche l’anno delle scoperte nei musei, e nelle gallerie d’arte, fu l'anno della riscoperta degli impressionisti che tanto mi colpirono ed attirarono, fino a dover soddisfare la necessità di approfondire l'argomento nella splendida biblioteca della mia facoltà e capire perché quei quadri mi sembravano muoversi e sfumare la realtà a tal punto da rimandarne la realtà rappresentata solo a dopo aver assaporato a fondo l'impressione visiva che ne scaturiva, in un tripudio della sensazione sull'intelletto. Non è un caso, credo, se alla fine dello stesso 1997 scattavo una fotografia di un treno in corsa, a cui sono particolarmente affezionato dal momento che mi ha fatto riflettere sul fatto che la macchina fotografica poteva anche essere usata come mezzo per la ricerca di un qualcosa che va al di là delle foto ricordo (foto queste a me comunque tutt’oggi molto care) o del documento, ma che attraverso essa si poteva provare a trasmettere emozioni in movimento come un facevano gli impressionisti nelle loro opere.
Faccio un bel salto in avanti, ma solo perché gli altri passaggi che tuttavia riconosco come importanti sono radicati nel campo dell'architettura e potrebbero risultare un po’ noiosi per i non addetti ai lavori.
Fin qui potrebbe sembrare una forzatura, il farneticare di un fotoamatore in preda ad una esaltazione momentanea dovuta ad una intensa discussione on line con qualche amico, ma vi posso assicurare che così non è.
Passo allora alla prima metà del 2000, anno in cui stavolta in Spagna incontrai altri magnifici maestri, uno dei quali mi ha stravolto letteralmente l’esistenza. Salto tutta una serie di passaggi e passo alle foto che allego. L'oggetto nella fotografia di sinistra è una riproduzione in scala di una porzione di facciata del Parlamento a Chandigar di Le Corbusier (pietra miliare dell'architettura). L'esercizio era quello di trovare una propria strada per reinterpretare parte dell'edificio, partendo da una idea personale di proprio piacimento. La mia idea di partenza era guarda caso il movimento, che nel dettaglio della facciata è divenuto il movimento della luce del sole (caso strano) e dell’ombra che ne generava (sorvolo sul resto perché è davvero complesso e potrei dilungarmi troppo) dall'idea di partenza ho finito con il "muovere" l'intero edificio, trovandone una nuova chiave di lettura. Per capire come articolare il progetto ho studiato diversi artisti che avevano comunque a che fare con il movimento. Uno di questi è Arman, che è tutt’oggi fonte di grande ispirazione e senza dubbio da cui derivano grandi influenze sul mio modo di pensare il “mosso” in fotografia.
Anni più avanti inizio a provare il "mosso" in fotografia, senza aver mai aperto un libro di fotografia, senza mai aver studiato nulla sui grandi fotografi, eppure riesco in qualche maniera a farmi un'idea ed a capire i motivi della mia attenzione verso questa tecnica. Credo essere arrivato già al 2005 o 2006 in cui iniziano i “mossi” delle notti di Lucca. Inconsapevoli tentativi, che si trasformano in consapevolezza grazie all’Acaf ed ai continui stimoli di Pippo Pappalardo che ha sempre creduto in questo mio lavoro.
Beh, con l’Acaf si accende anche il desiderio di conoscere i grandi della fotografia ed ad oggi, consapevole che la ricerca è appena iniziata posso dirti chi sono i miei riferimenti fotografici fin ora, per il “mosso”: senza dubbio Giacomelli (nel quale ritrovo spesso un grande “mosso concettuale” passatemi il termine), ma sicuramente anche e soprattutto Franco Carlini (penso a “Javaivoi” o agli “altari di sassi”) di certo Carmelo Bongiorno, ma anche Daido Moriyama, ovviamente il mitico Capa ed anche la recente scoperta di Rosetta Messori.
Questo è quanto al momento mi viene in mente, so di dimenticare parecchio durante questo proseguo della nostra discussione che dal bar si è spostata al ristorante... ora però mangiamo la pizza che con la bocca piena non si parla!!!
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Alberto
PS ho riletto in tarda serata e sistemato in un italiano leggibile, chiedo scusa ma la stanchezza ogni tanto...