Della narrazione artistica.
Veniamo in soccorso del cronista del “day afther” perché, stavolta, l’autore e l’oggetto della cronaca potrebbero risultare confusi e, pertanto – libero, ovviamente, ognuno di commentare il proprio e l’altrui operato - ci permettiamo quest’intervento per meglio chiarire ed annotare quanto, appassionatamente, abbiamo espresso ieri sera.
Gli amici Canino, Castro, D’Arrigo, Fargione, La Nunziata ci hanno generosamente riproposto i risultati della loro meditazione fotografica, relativi al loro recente viaggio in Rajasthan.
Avevamo compreso subito, dalla prima visione, che dietro quest’esperienza stava un lungo dialogo, un confronto tra amici fotografi fatto di risultati e di atteggiamenti, di dubbi e di scoperte.
Da questa intuizione, ci giungeva, forte, la loro volontà di esprimere la visione, e la rappresentazione conseguente, senza vincoli di schemi preconfezionati, appuntamenti tradizionali da non mancare, luoghi comuni e quant'altro; e, nel contempo, far capire la necessità di esprimersi con la giusta umiltà che nasce dal rispetto del referente e con la dignità di chi conosce il mezzo e la modalità del corretto comunicare.
I nostri fotografi, invero, sono, con rispetto parlando, dei “cavalli di razza” che, da tempo, maturano ed esprimono la curiosità e la passione per la fotografia sapendo di poter correre serenamente nelle praterie dell’ACAF e, dalla medesima, ricevere il plauso e l’incoraggiamento sincero.
Plauso ed incoraggiamento e, se me lo permettete, anche un certo orgoglio, che, ieri sera, non sono mancati, ancora una volta motivati da sottolineature puntuali e, grosso modo, pertinenti.
Dico “grosso modo” perché, nonostante gli autori ci avessero avvvertito - anche chiarendo la natura del titolo dato al loro lavoro “Appunti” -, in molti, compreso il sottoscritto, si attendevano un ritratto della terra dei Raja, quindi qualcosa più simile ad un reportage fotografico che documentasse e sintetizasse visivamente, i caratteri peculiari di questo sorprendente stato indiano. Bastava leggere le pertinenti citazioni didascaliche ..........
L’idea del lavoro, infatti, per quanto non tralasci alcune preziose idee documentarie, si sposta, a mio sommesso parere, su un tipo di proposta narrativa non tematica sebbene artistica (ricordate quanto abbiamo studiato: il fotografo racconta “a modo proprio, esprime giudizi, fa valutazioni, adotta preferenze estetiche, propone opinioni” –ed ancora: il protagonista della fotografia rimane la personalità del fotografo). Narratività che, peraltro, volutamente il fotografo delega alle cose fotografate prescindendo, talvolta, dallo loro storia e causalità, mai, però, dalle loro caratteristiche, ancorchè effimere, che appartengono pur sempre alle cose fotografate o alla loro intrinseca fotogenicità.
L’incontro con l’ambiente in cui si è viaggiato appare così strumentale al risultato fotografico, con l’eccezione di alcune sequenze laddove emerge, senza sottolineature e con chiara evidenza, la diversa importanza relazionale del rito nella spiritualità indu e la fiducia riposta nelle nuova struttura sociale della scuola liberata ormai dal sistema delle caste.
La selezione formulata dai nostri bravi fotografi si presta, pertanto, a divenire un ottimo banco di prova e di verifica per la tecnica e la modalità di ripresa e, solo di rimando, un piano, progetto (?) di comprensione di quell’enigma planetario che è il subcontinente indiano.
In questa mia annotazione non c’è nulla di negativo, anzi. Sono assolutamente consapevole che il bottino dfi immagini e di memorie dei nostri amici è assai ricco, valido e prezioso.
La proposta di ieri sera era montata in un contesto audio visivo assai gradevole, ed era seguita da una coraggiosa quanto risoluta selezione di immagini personali, quasi a firmare una propria “ars poetica”, che prescindeva dalla contestualizzazione dell’immagine: devo leggervi una volontà di proporsi più come testimoni di una vicenda artistica, personale e di gruppo, piuttosto che di uno spazio e di un tempo?
Oggi, e personalmente, mi premono maggiormente queste confidenze (come, ad esempio, la domanda sul futuro dello stato cubano posta all’amica Manuela e all’amico Salvo, considerando la loro ricognizione). Ma queste sono altre storie.
Un’ultima considerazione per gli amici che ci leggono: quando i dibattiti sono accesi, seguiti e validi (al diavolo il political correct) la diversità di opinioni e il loro scambio, ancorchè al calor bianco, è “tutta salute” per il cervello, gli occhi ed il cuore.
Si.Di.Da.Vi.
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